Talvolta come attivisti ci troviamo di fronte a richieste di aiuto da parte di persone in sofferenza economica e lavorativa, spesso sono donne separate con assegni di mantenimento insufficienti.
Quanti sanno che esiste il ricorso alla morosità incolpevole, all’agenzia dell’abitare che riconosce mensilità di affitto arretrate etc..?
Il primo aiuto dovrebbe essere richiesto ai servizi sociali ma, per vergogna o mancanza di informazione, si pensa che questi entrino in gioco solo in situazioni gravi su provvedimenti giudiziari mentre possono intervenire preventivamente con consulenze di orientamento peraltro gratuite.
IN OCCASIONE DEL 25 NOVEMBRE, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, abbiamo incontrato la responsabile del servizio sociale professionale del Comune di Arese per informarci, informare e capire se ci sono vuoti normativi SUL TEMA DELLA VIOLENZA ECONOMICA.
La violenza economica è normata, ma è difficilissima da dimostrare; nella nostra comunità, dove il reddito medio è alto, si fatica ad uscire dalla vergogna e chiedere aiuto ai servizi sociali.
Lo sportello Donna, creato nel 2015, offre l’opportunità di ricevimento presso l’ URP del comune e garantisce l'anonimato.
La responsabile ci ha portato il caso di una donna che è passata da un tenore di vita alto al dover provvedere al mangiare attraverso i pacchi della Caritas, vivendo una situazione di isolamento sociale.
Prima di uscire dall'anonimato ci sono voluti 5 incontri, è stata ricevuta anche in luoghi non istituzionali pur di creare un rapporto fiduciario e prenderla in carico perché non voleva identificarsi come utente dei servizi sociali.
E’ stata sostenuta in un percorso di consulenza a 360°, psicosociale, legale, economico e con grande successo è riuscita ad ottenere una sentenza di condanna e risarcimento per violenza economica.
Questo ed altri sono casi di esempio da portare a tutte le donne che sono in misure diverse vittime di violenza sia economica che fisica.
La responsabile ha sottolineato come il vero scopo dei servizi sociali è il cambiamento di vita e non l'assistenza continuativa che vige nell’ immaginario collettivo, pertanto reputa un successo tutti i casi di reinserimento lavorativo e la rinascita di una donna presa in carico.
A tal proposito ci ha suggerito una proposta di modifica alla Legge 68/99, che obbliga i datori di lavoro pubblici e privati ad assumere una percentuale di disabili e vittime di mafia, per introdurre anche le vittime di violenza di genere ed economica.
Occorre modificare la nostra cultura coi fatti, siamo figli della generazione cresciuta con il delitto d'onore, "puoi picchiare tua moglie per rieducarla", pertanto la donna se non accompagnata in un percorso di autonomia economica, sarà sempre vista come un soggetto debole da colpire.
Lanciamo un appello infine a tutte le forze politiche per proporre una campagna di informazione che elenchi tutti i mezzi che l’amministrazione ha a disposizione per contrastare il fenomeno della violenza di genere e aiutare chi ne è vittima ad uscire dall’isolamento.
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